"Lo stupore perché le cose che viviamo sono 'ancora' possibili nel ventesimo secolo", scriveva Walter Benjamin, "non è filosofico. Non sta all'inizio di alcuna conoscenza se non di questa: che l'idea di storia da cui deriva non è sostenibile". Il Novecento si è concluso, ma stermini e genocidi gli sono sopravvissuti. In un tempo in cui la memoria della Shoah e delle altre violenze di massa del ventesimo secolo rischia di ripiegarsi in forme vuotamente retoriche o celebrative, interrogare la natura dello sterminismo e del male politico a partire dal suo limite estremo, Auschwitz, e individuarne, con uno sguardo interdisciplinare e comparativo, le radici psicologiche e sociali, economiche e culturali, antropologiche e istituzionali, non è soltanto un compito conoscitivo, ma un imperativo morale che nasce dalla consapevolezza che "è accaduto e può accadere ancora". Quali sono le origini del male genocidiario? Quali forme di agire possono porre un argine al dilagare della ...